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n.4 Donne in musica: LILI BOULANGER di Marco del Vaglio

Lili Boulanger di Marco del Vaglio

Marie-Juliette Olga (Lili) Boulanger nacque a Parigi nel 1893 da Ernest e Raïssa Myshetskaya, cantante che vantava nobili origini russe, di 40 anni più giovane del marito.
La nonna, Marie-Juliette Hallinger-Boulanger, era stata una stella dell’Opéra-Comique ed il padre, oltre ad insegnare canto al Conservatorio di Parigi, era un apprezzato compositore, amico e collega di Gounod, Massenet e Fauré.
Inoltre non si può dimenticare Nadia, la sorella maggiore, che formò generazioni di compositori non solo francesi e, ad appena 25 anni, iniziò anche una fulgida carriera di direttrice d’orchestra.
La vita di Lili fu difficile fin dall’inizio poiché, già in tenera età, rischiò di morire a causa di una malattia respiratoria che abbassò notevolmente le sue difese immunitarie.
La forte debilitazione facilitò l’instaurarsi, nell’organismo, di una infiammazione del tratto gastro-intestinale, nota come sindrome di Crohn, che sarebbe stata la triste compagna di tutta la sua breve esistenza.
Nonostante le limitazioni dovute alla malattia, Lili ebbe una notevole vita sociale ed il suo fortissimo senso religioso le permise di lenire le sofferenze alle quali era frequentemente sottoposta.
La sua carriera artistica fu strepitosa, se si pensa che a sei anni prendeva lezioni di organo da Louis Vierne (1870-1937) mentre, con l’aiuto della madre, studiava violino, violoncello, pianoforte ed arpa.
Ma il suo sogno era di aggiudicarsi il “Prix de Rome”, il concorso per compositori più prestigioso e difficile dell’epoca, che anni addietro era stato vinto dal padre.
A tale scopo iniziò a studiare con Georges Caussade (1873-1936), famoso docente del Conservatorio di Parigi.
La sua capacità di apprendimento era talmente veloce che, al secondo tentativo, effettuato nel 1912, stravinse il concorso con la cantata Faust ed Hélène.
Il suo trionfo ebbe vasta eco sulla stampa in quanto, in una società maschilista, fece quasi scalpore la vittoria di una ragazza poco più che diciannovenne.
A partire da quel momento, Lili conobbe un grande successo ed ebbe ancora il tempo di scrivere lavori significativi quali i Salmi n. 24, n. 129 e n. 130, ed il Pie Jesu, terminato nel 1918, qualche giorno prima di morire, che venne eseguito al suo funerale in un’atmosfera di costernazione generale.

Marco del Vaglio

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24 agosto, 2010 Posted by | Arte, Compositori, Cultura, Francia, Giornalisti, Marco Del Vaglio, Music, Musica, Parigi | , , | 1 commento

Taccuino personale di Francesco Canessa: MOZART ARRIVA COI BAMBINI

MOZART ARRIVA COI BAMBINI

L’autostrada viene giù dal Brennero e s’infila nella Valle dell’Inn, il fiume che scorre tra Germania e Austria, a sinistra le Alpi Bavaresi, a destra l’altra faccia delle Dolomiti, di un verde intenso e rassicurante, quanto rocciosa ed aspra è la nostra. I boschi secolari scendono da una parte e dall’altra, castelli e campanili fanno capolino, ogni tanto, dando coerenza al paesaggio del Tirolo, fermo nel tempo. Fin quando, passato Kufstein e avvicinandosi Erl, non appare una strana costruzione di cemento bianco a forma di vela, che sembra gonfiata tra gli alberi e si proietta verso la riva del fiume, tra una legnaia e un pascolo di mucche.

E’ un luogo di musica, vi si tiene d’estate un Festival ed accostandosi ci si domanda dove trovi il suo pubblico, visto che il centro abitato più vicino, che è appunto Erl, è fatto d’una chiesa, quattro case e una pompa di benzina. Ma quando c’è concerto o spettacolo, la risposta viene dalle colonne d’auto e pullman, in ordinatissimo avvicinamento da Innsbruck, da Kufstein, da Rosenheim, da Monaco,da Salisburgo. Il parcheggio obbligato – non c’è deroga manco per gli addetti ai lavori – è piuttosto lontano e se piove, il che accade assai spesso, è possibile ritirare al volo un ombrello in prestito da hostess bionde e sorridenti.

Il Festival si chiama Tirolerfestspiele e la vela nel bosco è il suo festspielehaus. La sala in declivio, d’aspetto spartano ma funzionale, è vastissima, sui suoi sedili si accomodano quasi duemila spettatori. Niente sipario, lo spazio scenico è a vista, la ribalta arriva a mezzo metro dalla prima fila, ed è quella su cui si fa spettacolo, l’orchestra è più indietro, distribuita su una tribuna che parte dall’alto e fa da fondale a quel che succede davanti, appena sfumata dietro un velatino trasparente di cangiante colore. In una tale situazione, la forma rappresentativa dovrebbe essere il demi-stage, ma il “demi” s’è subito consumato in favore d’un teatro tutto intero, cui lo scambio di posizioni nulla toglie alle sue capacità narrative, diventa anzi singolare ed efficace con gli attori-cantanti che recitano quasi tra le braccia del pubblico.

Il Tirolerfestspiele l’ha inventato dodici anni fa Gustav Kuhn (nella foto), che pur essendo salisburghese ha casa da quelle parti e vi si prodiga nel doppio ruolo di direttore d’orchestra e di regista. E che ha raccolto un successo crescente, tanto che si parla – fatto salvo Salisburgo – del Festival numero uno in terra d’Austria. Wagner per il teatro, Bruckner per il concerto e Richard Strauss a far da contorno per l’uno e per l’altro, sono gli autori prediletti che danno carattere e continuità ai programmi. Soltanto quest’anno è arrivato Mozart, tenuto in disparte anche per rispetto della casa madre Salisburgo, che è lì a due passi e che Wolfango se lo cucina a colazione, pranzo e cena.

Ma l’attesa è ripagata: l’opera è Il Flauto Magico, posta al centro di una operazione che disegna un modello di civiltà musicale talmente distante dalle nostre miserie, da destare meraviglia, oltre che ammirazione. I bambini delle scuole di prima fascia dell’intero Land del Tirolo hanno partecipato a un concorso che chiedeva di disegnare i personaggi del Flauto Magico così come essi li immaginavano. Ne sono arrivati a centinaia, tra Papagheni, Regine della notte, Sarastri e tutti gli altri e sono esposti in mostra lungo le pareti della sala. Scelti e accorpati i migliori e più coerenti, regista e costumista hanno realizzato lo spettacolo così come suggeriva la fantasia degli scolari. Una cinquantina dei quali –vincitori e non vincitori – sono stati chiamati a parteciparvi: infilati nelle loro tutine nere facevano da “servi di scena” portando ciascuno un pezzo di un gioco di costruzioni, una specie di “lego” in formato gigante, con cui costruivano quadro dopo quadro gli elementi delle scene.

E prendevano parte anche all’azione: buttati in terra l’uno sull’altro mimavano il drago che spaventa Tamino, più avanti gli animali della foresta richiamati dalla musica del flauto e prendevano in giro Monostato, danzando con lui al suono del glockenspiel. E ancora circondavano Tamino con le torce accese o con le brocche d’acqua per accompagnarlo nelle fatidiche prove. Fino a partecipare, anche se muovendo soltanto le labbra, al coro finale di letizia, seduti con le gambe penzoloni alla ribalta, dinanzi al pubblico.

Spettacolo tenero, coinvolgente con Kuhn regista degno dell’alloro per l’idea e per la sua realizzazione. Ed anche per la bacchetta, con cui riaffermava l’antica specializzazione mozartiana, riposta ma non deposta dinanzi agli ormai prediletti clangori wagneriani e postwagneriani. Tra i cantanti spiccava una Regina della Notte assolutamente strepitosa, il cui nome so scrivere, ma solo copiandolo con attenzione: Cigdem Soyarslan.

Francesco Canessa

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21 agosto, 2010 Posted by | Art, Arte, Austria, Cantanti, Canto, Cultura, Direttori d'orchestra, Francesco Canessa, Giornalisti, Gustav Kuhn, Music, Musica, Salisburgo, Tirolerfestspiele | , , | Lascia un commento